Cenni storici

Autore: Mario Miserandino

 

Nel mio intervento anteriore, ho espresso la mia opinione sul mondo della Roulette in generale e sull'approccio che personalmente considero più valido ad esso. In questo, come anticipato, vedremo il contributo che grandi studiosi del passato hanno dato, più o meno volontariamente, all'evoluzione scientifica dell'azzardo.

 

Comincerei con Keplero, in quanto astronomo, che si occupò di calcolo delle probabilità a proposito di stelle e non di gioco d'azzardo; quando nel 1604 apparve una nuova stella, accogliendo l'opinione degli altri astronomi, egli attribuì l'evento ad una "casuale" combinazione di atomi, e tentò di stabilire quante probabilità ci fossero che un avvenimento del genere si verificasse di nuovo.

 

In seguito, Galileo Galilei, si distrasse dai suoi più importanti studi in altri campi della scienza, per rispondere al banale quesito di un amico: costui voleva sapere perché, con tre dadi, è più probabile fare dieci che nove. E Galilei preparò un'analisi delle probabilità, dimostrando che su 216 combinazioni possibili, 27 danno dieci mentre 25 danno nove.

 

Ma fu Gerolamo Cardano (1501-1576) a darci la prima esauriente trattazione del calcolo delle probabilità. Studente all'Università di Padova, cominciò a raccogliere appunti per un " Liber de ludo aleae": non gli mancarono le possibilità di studiare praticamente l'argomento perché, prima di diventare famoso come fisico, matematico, filosofo e inventore, le sue entrate si basavano soprattutto sul gioco d'azzardo.

 

Molti, dopo Cardano, si applicarono allo studio matematico delle probabilità; tra questi spicca la figura di Blaise Pascal, matematico e pensatore francese del XVII secolo. Non tutti sanno che a lui devono la fortuna attuale, le odierne Case da gioco mondiali.

Un giorno, un suo amico di nome Antoine Gombaud, cavaliere de Mèrè, aveva giustamente dedotto, o forse solo intuito, che ci sono favorevoli probabilità di fare 6, in almeno quattro lanci ai dadi; e l'intuizione gli aveva fruttato un discreto numero di vincite.

Moltiplicando le probabilità, aveva erroneamente dedotto che ci sono molte probabilità di fare almeno un doppio 6 in ventiquattro colpi. Ma questa volta la cosa non aveva funzionato, ed era stato sbancato; e allora chiese aiuto a Pascal.

Lo scienziato si rese conto che l'amico, aveva giocato, non solo senza avere il vantaggio di una probabilità, ma addirittura senza essere in condizione di parità. Il suo ragionamento matematico era viziato (in particolare, aveva moltiplicato le probabilità sfavorevoli, per il colog del log iperbolico di 2 , e cioè 0,693, in questo caso 35 x 0,693 = 24,255).

Ma l'equazione dimostrava che, per giocare con pari probabilità, de Mèrè avrebbe dovuto gettare i dadi, 24,255 volte; e siccome non si può fare una frazione di colpo, avrebbe dovuto gettare i dadi 25 volte per avere un lieve vantaggio.

In questo caso de Mèrè, avrebbe avuto un vantaggio dello 0,745 % (ottenuto sottraendo 24,255 da 25).

In altre parole, avrebbe avuto a suo favore 0,745 probabilità in più di far doppio sei in venticinque colpi.

Nacque così, il concetto matematico di vantaggio costante.

Per quel giocatore d'azzardo che è il proprietario di una Casa da gioco, il vantaggio di una percentuale di probabilità, è indispensabile, perché si trova nella posizione di chi deve giocare "a lungo andare", per un periodo di tempo virtualmente illimitato, e contro giocatori che, alternandosi, rappresentano un capitale illimitato.

Per grosso che sia il capitale di cui il Banco dispone al momento di iniziare il gioco, non sarebbe mai in condizione di parità, in una situazione del genere.

 

Mario Miserandino